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1922-2022: l’affaire Comaschi. Storia e memoria dell’uccisione fascista di un anarchico

Fracesca Gori, in un articolo pubblicato sul portale di storia contemporanea Toscana Novecento, ricostruisce le tappe della vicenda giudiziaria trentennale che segui l’assassinio di Comasco Comaschi. Riportiamo la parte iniziale dell’articolo:

Ritratto di Comasco Comaschi

Il 19 marzo 1922 Comasco Comaschi, anarchico cascinese e maestro ebanista, viene fermato sul Fosso Vecchio mentre è in calesse di ritorno insieme a tre compagni da una riunione a Marciana e viene ucciso con armi da fuoco in un agguato fascista.

Comasco Comaschi era nato a Cascina il 27 ottobre 1895 da Ippolito e Virginia Bacciardi. Comasco nella sua formazione politico-sociale è influenzato dal contesto cittadino, dove l’economia si basa sulla presenza di piccoli artigiani del legno e l’associazionismo operaio si è rivelato vivace e attivo sin dall’Unità d’Italia, e dal padre, che milita nel movimento anarchico fin dagli anni ottanta dell’800. Comaschi è dunque tra i promotori della locale sezione della Pubblica Assistenza e stimato insegnante alla Scuola d’arte di Cascina. Sotto la sua guida il gruppo anarchico di Cascina è molto attivo e organizza anche un gruppo di Arditi del popolo.

L’assassinio di Comaschi è l’ultimo di una lunga serie di uccisioni politiche perpetrate dai fascisti locali, come quella del comunista Enrico Ciampi, o del giovane Archimede Bartoli, o ancora dei socialisti Paris Profeti e Corrado Bellucci.

La vicenda giudiziaria si apre all’indomani dell’uccisione di Comasco Comaschi, quando vengono immediatamente fermati i presunti responsabili dell’assassinio, ma si chiuderà definitivamente solo nel 1951.

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1922-2022. A cent’anni dalla Marcia su Roma, le violenze degli squadristi e il primo antifascismo in Versilia

In questo articolo, pubblicato sul quotidiano online «Versilia post», Giuliano Rebechi ricorda alcuni fatti avvenimenti a Pietrasanta. Ecco uno stralcio:

“La distruzione di arredi e documenti della camera del lavoro di Pietrasanta avvenne nella notte tra il 30 aprile e il 1. maggio ad opera di fascisti locali, che nel marzo precedente in città avevano fondato una sezione dei Fasci di Combattimento, e di appartenenti alla squadra d’azione della Disperata di Firenze, anch’essa da poco costituitasi. Fu una devastazione compiuta dopo una lauta cena, consumata dagli squadristi fiorentini giunti sulla costa toscana per poter partecipare all’indomani alla inaugurazione della sede del fascio a Carrara. Un’azione, quella di Pietrasanta, non priva di un risvolto a dir poco grottesco. Tra le cose gettate in strada dai fascisti, infatti, ci fu anche un busto marmoreo di Giosuè Carducci scambiato, secondo la testimonianza di un fascista del luogo, per quello di… Carlo Marx! Camera del lavoro che fu oggetto di altre provocazioni e prepotenze. Più di una volta, ad esempio, i fascisti tentarono di issare una bandiera tricolore fuori dalla sede sindacale peraltro senza mai riuscirvi per l’intervento dei carabinieri e dei dirigenti camerali. Così, qualche anno più tardi, i “Neri di Pietrasanta” descriveranno sull’omonimo numero unico il clima di quel periodo: ‘La sicurezza che la nuova formazione faceva sul serio indignò i santoni della zona e il 1° Maggio si delineava in Pietrasanta una dimostrazione in forze di garofani rossi e di robusti bastoni alpigiani. La Disperata di Firenze (…) portò i suoi uomini nella nostra piccola città e la riempì di canti nuovi, strafottenti e giovanili,, ma anche di manganelli in continua azione e di pistole sempre in vena di sparare'”.

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Un’ora di dolore per il proletariato pisano.
L’omicidio di Carlo Cammeo del 13 aprile 1921 nelle cronache de «L’Ora nostra» e de «Il Ponte di Pisa»

In occasione del centenario dell’assassinio di Carlo Cammeo (13 aprile 1921-13 aprile 2021) Massimiliano Bacchiet, in collaborazione con la Biblioteca Franco Serantini, ha pubblicato un articolo su Toscana Novecento, il portale promosso dalla rete toscana degli Istituti per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea:

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